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Alfredo Di FioreAlfredo Di Fiore, maresciallo dei Carabinieri, nasce il 14 luglio 1908 a Capestrano, e muore all’Aquila il 26 maggio 1973.

Alfredo nasce da Stefano e da Carmela Di Iulio

Fratello di Adolfo, di Clara, di Vittorio, di Corinna, di Leondino, di Osvaldo

Nel 1932 sposa Lilla Perelli di Civitaretenga, dalla quale nascono tre figli: Bruno, Ercole, Nella.

Assolve il servizio militare presso l’Arma dei Carabinieri.

Una volta congedato viene assunto come cantoniere per curare il tratto della strada statale 17 dal bivio di Caporciano a Navelli.

Appassionato ci caccia, fa quasi sempre coppia fissa con Alfredo Cantera.

La domenica pomeriggio la trascorre giocando a tressette con gli amici nella cantina di Nannitt, mentre altri paesani giocavano a bocce nella strada fuori il locale.

Curava con attenzione l’orto situato proprio dietro la bottega di Nannitt.

Nel 1940, scoppiata la guerra, Alfredo Di Fiore viene richiamato e, imbarcato a Brindisi, viene inviato in nord Africa.

Qui viene fatto prigioniero dagli inglesi ed estradato in un campo di concentramento in Inghilterra.

Qui viene invitato a sciogliere il suo giuramento di fedeltà verso il Re d’Italia, ma insieme a molti altri prigionieri, non accetta.

Il suo diniego gli costa molti sacrifici, rispetto ai prigionieri che hanno aderito alla richiesta degli inglesi.

I cibo non scarseggia ma è quasi sempre a base di riso.

Tornato in libertà, non mangerà più tale cibo.

Durante la prigionia impara a costruire accendini in alluminio, hobby che continua dopo la sua liberazione per produrne ancora e regalarli agli amici.

Con la fine della guerra torna in Italia e riprende il suo servizio nell’Arma dei Carabinieri, prima a Larino, in provincia di Campobasso, quindi a Popoli, in provincia di Pescara, e infine all’Aquila dove conclude la sua carriera con il grado di maresciallo: nel 1950 l’allora Ministro della Difesa, Randolfo Pacciardi, emanò una legge che “congedava” tutti i carabinieri “richiamati” nel 1940 in occasione della guerra.

Seguirono due anni di disoccupazione, di ristrettezze economiche, di sacrifici per tutta la sua famiglia, terminati con la sua assunzione come guardiano notturno in uno delle nuove fabbriche nate vicino alla stazione dell’Aquila.

Quando era di servizio a Popoli, era il 14 maggio 1946, Alfredo Di Fiore ebbe la notizia che un efferato bandito stava pranzando in una trattoria della cittadina: vi si reca insieme a un collega che si apposta vicino alla porta posteriore mentre lui entra dall’ingresso principale intimando al bandito di alzare le mani; per tutta risposta questi le infila repentinamente le mani nelle tasche dei suoi pantaloni per estrarne le sue due pistole.

Senza indugio Alfredo Di Fiore fa partire una raffica dal suo mitra che ferisce mortalmente il bandito.

Per il suo eroico gesto Alfredo Di Fiore riceve dal Comandante Generale dei Carabinieri un “””Encomio Solenne:

Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri

ENCOMIO SOLENNE

Concesso al Vicebrigadiere

D I F I O R E Alfredo

“In cruento conflitto con pericoloso bandito si distingueva per risolutezza, coraggio ed attaccamento al dovere, sopprimendo –

con ben aggiustata raffica di mitra – lo stesso malfattore che aveva tentato di colpire i militari operanti col fuoco di due pistole.

L’importante operazione di servizio suscitava il vivo plauso delle autorità e della popolazione già terrorizzata dalle gesta del prefato criminale e della sua banda.”

Popoli (Pescara), 14 maggio 1946

Roma, lì 8 novembre 1946

Il Comandante Generale

Brunetto Brunetti”””

Nel raccontare l’evento Alfredo spiegava che il mitra in sua dotazione aveva due grilletti, in fila: usando il primo partiva un colpo, usando il secondo grilletto partiva una raffica e che lui aveva l’abitudine di usare sempre il secondo grilletto.

tutti pazzi per la Civita

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